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Sindrome Di Stendhal
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Sindrome Di Stendhal

Sindrome di Stendhal
Sindrome di Stendhal

Sindrome di Stendhal, la bellezza può far male?

Eccomi ancora una volta a parlarvi dell’incrociarsi del mondo dell’arte con la scienza medica. L’argomento di oggi è la Sindrome di Stendhal, prima di tutto definiamo di che cosa si tratta.

La sindrome di Stendhal è fino ad oggi definita come un affezione psicosomatica che si manifesta con tachicardia, capogiri, vertigini, confusione ed allucinazioni in soggetti al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza.

Sindrome di STendhal

Come vedremo, a seguito di studi condotti in questi ultimi anni, il disturbo in realtà non è unicamente psicosomatico, ma ha delle basi biologiche.

Questo disturbo prende il nome dallo scrittore francese Stendhal, poiché proprio lui ne fu colpito durante il suo Grand Tour (si usava in quegli anni, per chi ne aveva la possibilità, organizzare un tour in Italia, visitando le maggiori opere artistiche) effettuato nel 1817 e riportò la descrizione di quanto gli era accaduto nel suo libro Roma, Napoli, Firenze.

“Là, a destra della porta, v’è la tomba di Michelangelo; più lontano, ecco la tomba di Alfieri, scolpita da Canova: riconosco questa grande figura d’Italia. Poi noto la tomba di Machiavelli e, faccia a faccia con Michelangelo, riposa Galileo. […] Quali uomini! Che riunione stupefacente! La mia emozione è così profonda, che quasi raggiunge la pietà. La malinconica religiosità della chiesa e i suoi semplici archivolti lignei, la sua facciata, ancora non terminata, tutto questo parla vivamente al mio animo.»
«Là, seduto sul gradino di un inginocchiatoio, la testa riversa e appoggiata allo schienale per poter contemplare il soffitto, le Sibille del Volterrano mi diedero forse il più grande piacere che qualunque dipinto mi avesse mai dato. […] Ero giunto a quel punto d’emozione dove s’incontrano le sensazioni celesti date dalle belle arti e dai sentimenti appassionati. Nell’uscire da Santa Croce, il mio cuore batteva in modo irregolare […], la vita era spossata in me, camminavo temendo di svenire». (Stendhal, Roma, Napoli e Firenze, 22 gennaio 1817)

Questa la prima descrizione, ma è nel 1977 che viene analizzato da una psichiatra fiorentina, Graziella Magherini.

Lavorava come psichiatra responsabile del servizio mentale all’Arciospedale di Santa Maria Nuova di Firenze.

La dottoressa, insieme ai suoi colleghi, venne colpita dai frequenti accessi di urgenze di persone colpite da disturbi psichici improvvisi.
Studiando questi casi individuarono degli elementi ricorrenti: erano maschi tra i 30 e i 40 anni, stranieri, in viaggio da soli, partiti in uno stato di benessere e compenso psichico.

Sindrome di Stendhal

Il “viaggio d’arte” può essere considerato un viaggio dell’anima, capace di risvegliare una trama di emozioni e sentimenti che non tutti sono in grado di gestire.

La tendenza a viaggiare sembra essere un bisogno primitivo e irrinunciabile dell’uomo, durante il viaggio però l’identità è sottoposta ad una oscillazione tra perdita e ricostruzione.
Il superamento di tale oscillazione è fonte di arricchimento, ma vi è un prezzo da pagare ed è una momentanea disorganizzazione del proprio stato mentale.

Si sono individuate tre diverse tipologie di manifestazione della sindrome di Stendhal.
La prima è identificabile con quella che oggi viene chiamato stato d’ansia o attacco di panico; il soggetto riferisce palpitazioni, difficoltà respiratoria, malessere al torace, sensazione di essere sul punto di svenire, senso d’irrealtà.
Le altre due tipologie sono più serie, una è caratterizzata da disturbi dell’affettività con stati di depressione, crisi di pianto, sensi di colpa e al opposto stati di sovra eccitazione, euforia, esaltazione, assenza di senso critico.
L’altro riguarda disturbi del pensiero con alterata percezione di suoni e di colori e senso persecutorio dell’ambiente; quest’ultima tipologia di solito si presenta in soggetti che hanno precedenti di scompensi psicologici.

La dottoressa con il suo team ha dedicato a questi casi uno studio decennale, affiancando anche un indagine su un gruppo campione di controllo.

Con questo primo studio cercarono di dare una spiegazione di tipo psicanalitico al fenomeno dove nel momento d’incontro tra il creatore e il fruitore, per mezzo dell’opera d’arte, si verifica un fenomeno d’incantamento verso la bellezza formale; contemporaneamente la forza espressiva delle grandi opere d’arte può risvegliare contenuti profondi dell’inconscio, rompendo alcune difese e lasciando emergere aspetti rimossi della propria vita interiore.

Si può dire che alla base di tali crisi vi sia sempre la congiunzione di tre elementi: la storia personale del soggetto, l’elemento del viaggio, l’immersione in un ambiente carico di arte e storia.

Non esiste un autore o un opera in sé, ma alcune caratteristiche dell’oggetto d’arte che in particolari circostanze innescano nel osservatore/fruitore, a seconda anche della sua storia personale, una difficoltà al contenimento di emozioni con conseguente sensazione di disagio.

La sindrome di Stendhal non è una vera e propria patologia, si tratta di una situazione particolare in cui, nel momento in cui si osserva un opera d’arte, si verifica un’attivazione di strutture cerebrali specifiche che si trovano coinvolte nella formazione del vissuto emotivo.

Sono stati condotti studi per individuare i possibili meccanismi neurobiologici alla base di questa sindrome.

E’ emerso che quando un soggetto osserva un opera d’arte si attivano determinate aree cerebrali, quali l’amigdala, la corteccia anteriore del cingolo, la corteccia orbito-frontale laterale e mediale, ecc: tutte aree deputate al funzionamento e alla regolazione della sfera affettiva ed emotiva ed in particolare nella formazione degli stati emotivi sia normali che di natura patologica.

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Sindrome di STendhal

Con le nuove tecnologie di questi ultimi anni, in particolare con l’uso del imaging a risonanza magnetica per la valutazione funzionale d’organo, è stato possibile “fotografare” queste aree cerebrali attivate.

Anche il sistema dei neuroni a specchio viene attivato. Sono un particolare tipo di neuroni coinvolti nella capacità dell’uomo a relazionarsi con gli altri.

In questa caso sembra che l’attivazione dei neuroni a specchio dia origine ad un fenomeno, detto meccanismo della simulazione incarnata, per cui l’individuo che sta osservando un opera d’arte genera e prova gli stessi stati emozionali che l’autore dell’opera ha voluto esprimere attraverso la realizzazione dell’opera stessa.

Per approfondire questo complesso insieme di sintomi e fornire degli schemi scientifici, alcuni scienziati hanno provato a mettere a punto un esperimento che è stato realizzato presso la Cappella affrescata da Benedetto Gozzoli in Palazzo Medici Ricciardi a Firenze.

Durante questo esperimento i visitatori sono stati sottoposti a rilevazioni biofisiche per comprendere l’effetto che l’arte e la bellezza hanno sul cervello e sui parametri vitali.

Nelle valutazioni dei parametri rilevati si sono notati aumento della rilassatezza muscolare, un cambiamento nella frequenza cardiaca e respiratoria, cambiamenti della pressione sanguigna, maggior coinvolgimento cerebrale, durante gli stimoli sia visuali che sonori.

Infatti si è riscontrato ultimamente come anche la musica può avere un forte impatto psicologico ed emotivo e causare stati simili a deliri.

Gli studi e le sperimentazioni riguardo la sindrome di Stendhal sono complessi per due motivi: la rarità di tale manifestazione e l’impossibilità di prevedere una crisi e quindi di poterla monitorare.
Resta comunque il fascino di questo “disturbo” che in qualche modo è un omaggio alla potenza della bellezza e alla sua capacità di scuotere e turbare l’animo umano.

Stendhal e chi come lui subisce questo fascino, sono ammaliati dalla bellezza, capaci di una tale empatia da immergersi fino in fondo nell’ opera d’arte, sentendo nella pennellata, nella nota musicale, nella magia delle parole di una poesia, l’emozione dell’autore e riconoscendo al tempo stesso una parte di se, dei propri sentimenti, della propria emozione.

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