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Una cena con Ezio Bosso!
Scuro Chiaro

Una cena con Ezio Bosso!

ezio bosso

Io a cena con Ezio Bosso?!

Sogno… desiderio… fantasia…

Mi sento intimidita, per fortuna, da quello che conosco di lui, dalle sue interviste, intuisco che è una persona benevola e curiosa degli altri e della vita, per cui spero non sarà difficile trovare argomenti di conversazione.

Eccolo che giunge, con il suo accompagnatore, attento e discreto allo stesso tempo, che spinge la sua carrozzina.
Già da lontano Ezio Bosso sorride e saluta con quel suo tipico modo di sventolare le mani (quasi uno sfarfallare), esclamando semplicemente CIAO!

Dopo i primi momenti i cui ci accomodiamo e dove è lui in realtà a mettermi a mio agio chiedendomi alcune notizie di me, trovo il coraggio di cominciare ad esprimergli la mia ammirazione per la sua musica e gli chiedo: Maestro…
Subito mi interrompe: Non maestro, io sono Ezio.
– … Ezio, ho letto da qualche parte che definisci la tua musica, musica “empatica”. Cosa intendi esattamente?
– La musica è una sfera empatica e io cerco di dare agli altri stimoli per trovare in ogni brano i rispettivi racconti.
Intendo che una composizione accende sia in chi esegue che in chi ascolta la capacità di entrare in sintonia tra loro, interpretando il reciproco stato d’animo.
La musica è in grado di svelare aspetti di me che io stesso non conosco.
E così anche nell’ascolto nel quale perdiamo un pezzo di noi per acquisire un pezzo degli altri.
Penso che chi ascolta sia un musicista, io suono sempre con il pubblico, suonare è un atto di generosità reciproco, uno spazio condiviso.
– Ezio, cos’è per te la musica?
-Difficile dire cos’è, per me, la musica.
La musica esiste senza bisogno di nulla, esiste già in natura, la musica è l’unica lingua che nasce come trascrizione, traduce la natura, l’esperienza, le emozioni.
La musica siamo noi stessi, per quanto mi riguarda io penso continuamente alla musica.
– Qui, scusami Ezio, ma mi sorge spontanea una domanda che credo sia un po’ banale, o che comunque ti hanno fatto in molti, ma credo sia inevitabile: come nascono le tue composizioni?

Sorride intanto che parlo, con quel suo sorriso caldo immediato, così spontaneo, anche se, come ha raccontato in altre interviste, ha dovuto reimparare da zero anche a sorridere, ma direi che ha re imparato benissimo, perché quando sorride ti senti quasi scaldare da quello che si sprigiona da lui.
Poi riprende a parlare, anche se si capisce che parlare in certi momenti gli costa fatica, una fatica fisica intendo, perché in realtà si coglie il suo grande desiderio e bisogno di comunicare l’entusiasmo che prova per la bellezza della musica.
Il bambino che parla poco, che dice di essere stato da piccolo, sembra essere scomparso dietro le quinte.
Quindi mi risponde:

– Io soffro di sinestesia; sono sincretico, vedo i colori attraverso i suoni, continuamente. Le mie composizioni derivano sempre da immagini
Tutto ciò che mi sta intorno, luoghi, volti, colori, suoni sono fonte di ispirazione. Per esempio per il brano “Rain in your black eyes“ ho svolto una ricerca meteorologica, cercando i suoni prodotti dalla pioggia: da qui il titolo Rain. Poi ho chiesto alle persone cosa rappresentasse e ho assemblato i loro pensieri e sensazioni. Infine, dovevo metterci qualcosa di mio, ossia black eyes… e qui lascio a te…
Ho bisogno di coltivare l’interdisciplinarietà, intendo cioè una interazione tra le diverse arti che convergono tra loro, ecco anche perché ho scritto per il cinema, per il teatro, per la danza e anche la pittura ha influenzato le mie composizioni.
L’interdisciplinarietà poi, ti obbliga all’umiltà. A metterti a servizio!
La musica per me è anche una scusa per studiare il mondo. Io la uso per imparare.

Sono affascinata da come da una singola domanda, scaturisca tutto questo mondo di pensieri e sensazioni.
Ora sento di volergli fare una domanda ancora più personale, quasi intima, che riguarda il suo fisico e la sua malattia. Difficile da formulare senza scadere nella banale curiosità!

– Scusami Ezio, non posso fare ameno di chiederti come influisce e come convivi con questa malattia che ti ha colpito da qualche anno. E’ un qualche cosa che balza così agli occhi, come dici tu è una disabilità evidente, che inevitabilmente colpisce e pone delle domande in chi ti incontra.
– Certo non posso negare che oggi sono un uomo con una disabilità evidente, ma non mi sento un disabile. Non sono malato, ma convivo con una malattia.
Non è la prima volta che mi capita che il mio corpo mi metta di fronte alla necessità di un cambiamento!
Pensa che dopo i miei primi studi della musica con una mia vecchia zia, che mi bacchettava ogni volta che sbagliavo, che sono iniziati con il pianoforte, quando ho iniziato gli studi al conservatorio suonavo il “fagotto”, ma dopo poco ho dovuto smettere perché avevo l’asma!!! Allora il mio insegnante mi inserì in un altro strumento e suonavo il contrabbasso, avevo iniziato la mia carriera di musicista suonando il contrabbasso, ma poi banalmente, come sempre accade, mi ferii con un incidente domestico e mi tagliai un tendine con il vetro rotto di un bicchiere. Così non potevo più suonare a quei livelli che avevo raggiunto e lì per fortuna l’incontro con Ludwig Streicher che mi hanno introdotto alla direzione di orchestra, tanto che io oggi mi definisco direttore di orchestra che scrive musica e all’occorrenza suona il piano forte.
Poi come tutti sanno è venuto il 2011 con ben due malattie la SLA e un tumore al cervello che mi ha costretto ad un intervento da cui mi sono risvegliato come se fossi stato resettato! Ho temuto di non poter più tornare alla vita di prima, alla musica. A causa della malattia non ricordavo più nulla, nemmeno le note. Ho dovuto ricominciare daccapo.
Suono ogni giorno finché il corpo lo permette, anche otto ore. Imparo a riconoscere ciò che può fare il mio fisico e ad assecondarlo nonostante gli ostacoli, perché è impossibile rinunciare alla gioia della musica. Ho dovuto adattarmi alla disabilità: mi serve uno sgabello alto e i tasti del mio pianoforte sono più leggeri del normale.
A volte non controllo una mano ma la musica svela sempre altre opportunità. Quando un dito non funziona ne uso un altro e magari esce un suono più bello; se la mano s’inceppa rallento il tempo, forse scoprendo che in tal modo mi piace di più. Allora lo rifaccio e mi diverto: in me non c’è frustrazione.
La musica è la prima a insegnarti che un problema può diventare un’opportunità.
Mentre rinascevo, piano, piano la rabbia ha lasciato posto all’amore e ai sorrisi.
Il sorriso avvicina più dei passi!

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E qui mi fa un sorriso anche più radioso dei molti che gli sono spuntati sul viso durante questa lunga cena – chiaccherata.
Termina dicendo: La musica è “sempre”. È il tempo della vita, della guarigione, del comunicare, del sentire amore, vitalità e piacere.

A questo punto, poiché come dice spesso Ezio, la musica sta nel silenzio e poiché sempre dalle sue parole, la musica si dirige con gli occhi ed è come volare mi sembra che il modo migliore per terminare questa splendida serata, un sogno di serata(!), sia tacere e guardarsi profondamente negli occhi, per poi salutarsi con un semplice CIAO.

Ciao Ezio ti incontrerò sicuramente ancora ogni volta che sento la tua (o meglio, scusa, la nostra musica, visto che la musica è di tutti)!

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*Quanto riporto come dialoghi di Ezio Bosso, sono frasi e concetti riportati da il libro “La musica si fa insieme”, da articoli e interviste da lui rilasciate trovate sul web.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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