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GIO EVAN – Il giocoliere delle parole
Scuro Chiaro

GIO EVAN – Il giocoliere delle parole

Gio Evan

Mi imbatto, per caso, credo su fb, nel post di qualche amico, che riporta una frase, semplice.

Sembra un detto popolare, un luogo comune, ma è come se venisse stravolto.

Una parola, una lettera ed è rivoluzionato il senso.
Fulmineo e sorprendente.
Così scopro questo giovane artista.
Gio Evan, nome di battaglia di Giovanni Giancaspro che compirà a giorni trent’anni (21/04/1988).
Amante fin da giovane delle parole, a vent’anni inizia a viaggiare passando dall’India al Sud America alla ricerca di una crescita personale e spirituale.
Dopo aver vissuto con gli sciamani, dopo aver viaggiato in bicicletta per otto anni, dopo aver digiunato per trenta giorni, dopo aver camminato per oltre 3000 km e pedalato oltre 9000, decide di tornare in Italia per dedicarsi all’arte. Poesia, Performance, Graffiti, Comicità e Musica.
E’ difficile definire Gio Evan, credo che si possa dire che è principalmente un poeta, le altre sue manifestazioni sono semplicemente diversi modi per esprimere la sua poesia.
Egli dice di se stesso, in una intervista, che ha bisogno di giocare con se stesso, di essere serio come il cielo e giocoso come la terra, di fare le cose da adulto ma con la classe e l’eleganza di un bambino.
Gio Evan cambia le locuzioni grammaticali, prende le parole, le scompone, le ricompone, regalando loro nuovi significati.

Le sostituisce, creando paradossi, cambia indirizzo ai luoghi comuni.
Gio Evan chiama il suo pensiero una filosofia dell’improbabile.

Sostiene la necessità di approfondire la profondità, rimanendo seriamente giocosi, leggeri ma potenti.
Certo è un personaggio particolare, un menestrello, un po’ folletto, un po’ saggio, un po’ comico.

Uno dei suoi primi progetti è stato “Le poesie più piccole del mondo“, poesia di strada, nate dall’osservazione dell’opera di molti street artist e dei loro murales.
Dopo aver notato che questi grandi murales della sua città distoglievano l’attenzione da molte altre cose intorno, decise, ancora una volta di muoversi in modo contrario, facendo cose molto piccole che fossero considerate arte di strada e messe in posti strategici dove uno sguardo attento, o fortunato o casuale, potesse vederle per caso.

“Sono piccole perché hanno bisogno della loro timidezza”

Le sue poesie mi hanno totalmente “affatato” (per dirla alla Camilleri), perché riescono a dipingere lo stupore, la meraviglia, la gioia, l’innamoramento della vita, della natura ed l’amore.

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Le sue sono anche poesie d’amore, ma non sono poesie dedicate ad una donna.
Sempre Gio piega di se, in un altra intervista, di non essere un poeta che scrive quello che vive.
Vive, come tutti noi, di tante cose, pensieri, sogni e quando scrive una poesia più che essere diretta ad una donna, è diretta – appartiene, ad un paio di occhi, occhi anche estranei incontrati nella giornata che gli suscitano qualche cosa.
Al termine del giorno scrive ciò che gli è successo nella giornata e scrive anche di quegli occhi.
  

Devo confessare che leggendo queste sue spiegazioni ho immaginato – desiderato, di essere uno di quei paio di occhi a cui e di cui scrive.

Ed allora ho cominciato a leggere ad alta voce le sue poesie come se stessimo dialogando a distanza.

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