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“Il violinista sul tetto” arriva al Teatro Nuovo!
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“Il violinista sul tetto” arriva al Teatro Nuovo!

Il violinista sul tetto di nuovo in scena al Teatro Nuovo di Milano!

Si è aperto ieri sera, venerdì 22 febbraio, il sipario del Teatro Nuovo per la prima de “Il violinista sul tetto “

Uno spettacolo tratto da un racconto di Sholem Aleichem, con la regia italiana di Moni Ovadia, che lo vede anche nei panni del protagonista Tevye.

Il sipario si apre sulle note di Jerry Boch e Moni Ovadia nei panni di Tevye introduce la storia e i diversi personaggi appaiano sulla scena intonando canti  inlingua yiddish.

Sullo sfondo cinque musicisti: è la MoniOvaidaStageOrchestra composta da Paolo De Ceglie alla tromba, Janos Hasur al violino, Albert Mihai alla fisarmonica, Paolo Rocca al clarinetto, Vincenzo Pasquariello alpianoforte, Luca Garlaschelli al contrabbasso e Marian Serban al Cymbalon.

Siamo ai primi del Novecento, la storia si snoda tra canti, balli e monologhi di Tevye rivolti a Dio.

Ironicamente Tevye si rivolgerà all’altissimo dicendo: “In fondo grazie al tuo aiuto sto morendo di fame!”

Da ciò si evince sin da subito chi è Tevye, un personaggio brillante, simpatico ed ironico, anche verso Dio, a cui si dimostra molto legato essendo profondamente credente, perché senza la fede “le nostre vite sarebbero traballanti come un violinista sul tetto”.

“Grazie alla Torah ognuno sa chi è e sa cosa Dio si aspetta da lui.”

“Nella nostra piccola cerchia di ebrei regna un equilibrio perfetto. Viviamo tutti in pace ed armonia”. Così parla il lattaio Tevye del suo villaggio ebraico di Anatevka nella Russia zarista.

LA STORIA

Tevye (Moni Ovadia) è un umile lattaio, marito di Golde(Lee Colbert), con tre figlie da maritare, Zeytl (Chiara Seminara) e Hodl (Aurora Cimino) e Have (Graziana Lo Brutto).

Maritare le figlie con uomini di “un buon partito” è l’unica cosa che sembra contare per il vecchio Tevye, che vorrebbe vederle vivere nell’agio di cui lui non ha mai goduto.

Sarà l’arrivo di un giovane studente universitario di Kiev a stravolgere gli equilibri del villaggio. E lo seguiranno le figlie che romperanno le tradizioni in onore di matrimoni fondati sull’amore e non su accordi del “pater familias”.

Tutte le certezze di Tevye verranno messe a dura prova e il suo rapporto con le tradizioni sarà messo fortemente in dubbio. 

Fino a che punto Tevye riuscirà a piegarsi al volere delle proprie figlie prima di “spezzarsi”?

La storia di un piccolo villaggio ebraico, un microcosmo con precise convenzioni sociali e religiose che fonde la storia dei singoli personaggi alla storia di un popolo mostrandone anche la sua ingiusta fine: la persecuzione e l’esilio.

A completare il cast Giampaolo Romania, Giuseppe Ranoia, Alberto Malanchino, Sabrina Sproviero e i ballerini Luigi Allocca, Vincenzo Castelluccio, Francesco Coccia, Eus Santucci.

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La scenografia è ben strutturata, le musiche dal vivorisultano molto piacevoli e contribuiscono insieme aicolori, sia degli abiti sia dello sfondo, a rendere il quadro rappresentato estremamente armonico.

I canti in lingua yiddish creano un’atmosfera molto realistica, sacrificando però la comunicabilità dei testi.

Ad incorniciare la scena profili di tetti e case messi in luce da uno sfondo colorato molto d’effetto che dona al contesto un’aria molto suggestiva.

Inutile negarlo, l’intero spettacolo ruota intorno alla bravura di Moni Ovadia.

La difficoltà della lingua ha messo, in alcuni punti, in difficoltà i performer in scena, soprattutto dal punto di vista canoro.

Lo spettacolo, sebbene molto lungo, è ben strutturato, curato nei particolari, luci e abiti, ispirati all’arte di Chagall, non lasciavano nulla al caso.

Per chi vuole godersi un pezzo di storia, è lo spettacolo giusto, che vi terrà incollati alla poltrona per circa tre ore.

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