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Teatro vuoto, autobus pieno
Scuro Chiaro

Teatro vuoto, autobus pieno

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Foto di Mourad Balti Touati

#TeatroLuogoSicuro – la VOCE inascoltata di chi vive per e con lo spettacolo

#TeatroLuogoSicuro, è una petizione, è una affermazione, è l’urlo di un mondo di lavoratori che si sentono trattati come lavoratori di serie B.

Il mondo è ripartito, con fatica zoppicando, talora arrancando, ma è ripartito!

I teatri, la musica dal vivo, gli eventi…NI!

Eppure, lo ripetiamo, il teatro è un luogo sicuro, ben più di alcuni mezzi pubblici che hanno ripreso a viaggiare con (ufficialmente) l’80% della capienza.

LA RIPARTENZA

Quello che preoccupa e mobilita questo enorme mondo che ruota intorno alle diverse manifestazioni artistiche è la percezione che vi sia, da parte dei politici preposti, ma non solo anche un po’ da parte di tutti gli altri lavoratori, un atteggiamento tra l’insofferenza e l’intolleranza.

Non intendo dire che il mondo della politica si sia completamente disinteressato di questi lavoratori.

In effetti vi sono una serie di DPCM che riconoscono quote anche importanti di milioni di euro per sostenere i teatri, le compagnie, per assicurare cassa integrazione, per fornire dei Bonus ai lavoratori fermi, per ristrutturare, per sanificare.

Dunque l’intento di fornire un minimo di supporto a lavoratori fermi e senza introiti, c’è.

Non solo, bisogna riconoscere, che da metà maggio, quando abbiamo cominciato piano piano a rimettere il naso fuori dalle nostre case, ci sono stati anche qui DPCM che hanno iniziato a dare indicazioni su come riprendere anche la vita nei teatri.

MA NON PER TUTTI

Ecco, qui cominciamo ad individuare qualche mancanza, o forse direi meglio qualche dimenticanza.

Il DPCM del 11 giugno recita così: dispone che, dal 15 giugno 2020:

– gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto siano svolti con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, con il numero massimo di 1000 spettatori per spettacoli all’aperto e di 200 spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala.

Queste indicazioni, da quel primo DPCM del 11 giugno fino all’ultimo del 13 ottobre (con validità fino al 13 novembre, sempre che nelle prossime ore non ci siano cambiamenti) sono rimaste invariate.

Tante altre cose però intorno sono cambiate.

Alcuni hanno ripreso ad andare in ufficio, si cerca di fare lo smart working a fasi alternate.

Sui mezzi di trasporto si è ripreso a viaggiare quasi al completo della capienza, tutti seduti l’uno vicino all’altro.

Si è ripreso ad andare a scuola, con tante attenzioni, con ingressi distanziati.

Si è ripreso ad andare nei ristoranti.

Insomma, in modo differente da prima, con incertezze e timori, ma si ricomincia.

Nel mondo dello spettacolo, dell’arte, no!

Siamo rimasti a quelle indicazioni di giugno.

Quelle indicazioni non tengono conto però del fatto che i costi per mettere in scena spettacoli ,non sono assolutamente coperti da 1000 ingressi per eventi all’aperto o da 200 ingressi nei luoghi chiusi.

Non ha caso è notizia di questi giorni dell’annullamento della presentazione del programma  della Stagione della Scala di Milano.

“In considerazione dell’evoluzione dell’epidemia negli ultimi giorni in Italia e in Europa nonché della conseguente incertezza del quadro normativo, il Teatro alla Scala rinvia la conferenza stampa di presentazione del calendario da dicembre 2020 a marzo 2021, prevista per oggi”

Non solo non verranno venduti abbonamenti, questo non succedeva dagli anni dell’ultima Guerra.

LA BASE DELL’ICEBERG

Non si tratta solo della difficoltà dei Teatri, delle compagnie, degli attori o dei cantanti o dei musicisti, ma di tutto il mondo di lavoratori che affianca, accompagna e costruisce insieme agli artisti, che in fondo sono la punta dell’iceberg di un qualsiasi spettacolo.

Questi lavoratori: tecnici, del suono, delle luci, sarti, tecnici sul palco… sono un mondo di lavoratori che vivono di un lavoro che per sua natura è frammentato, ad ingaggio, quindi non riescono a maturare una cassa integrazione sufficiente.

C’è inoltre anche un rischio che si proietta sul futuro, come ha chiarito, Carlo Volpe, presidente dell’Associazione Service Abruzzesi, che ha guidato la manifestazione del 10 ottobre “Bauli in piazza”.

Il rischio è che molti tecnici possano decidere di cambiare lavoro, questo comporterà che alla ripresa le aziende si ritroveranno senza tecnici; sono tecnici specializzati, non sono rapidamente rimpiazzabili, devono essere formati, ed è una formazione che richiede tempo. Quindi il problema non sarà solo la sopravvivenza dell’oggi ma anche la ripartenza del futuro.

Gli artisti hanno in tutti modi cercato di dare sostegno, di dimostrare come essi siano un unico mondo lavorativo, che l’uno dipende dall’altro.

L’hanno fatto il 30 maggio su più piazze con la manifestazione #convocatecidalvivo, si sono ritrovati ancora il 21 giugno in occasione della festa della musica con #Festasenzamusica e tenaci, sono tornati in piazza, ancora in piazza Duomo a Milano, con Bauli in piazza.

500 bauli, quegli “flightcase” che normalmente accompagnano i lavoratori del settore pieni di cavi, luci tubi e tutte le più varie strumentazioni che servono per allestire un palco, una scenografia.

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Oliva Denaro

500 bauli rigorosamente distanziati ognuno con un rappresentante, dal facchino all’imprenditore, del mondo dello spettacolo.

Una manifestazione fatta di suoni, gli applausi, le percussione sui bauli, e di silenzi.

Un solo baule rosso, su cui verrà posata una rosa bianca, in memoria di coloro che questa battaglia l’hanno combattuta con il loro corpo  e sono caduti, non ci sono più.

COSA SI PUO’ FARE

Ecco questa manifestazione e la petizione #TeatroLuogoSicuro per dire questo: c’è un settore unito con un unica voce, che vuole ripartire, tornare a lavorare.

Per chiedere di rivedere le regole e che siano chiare e uniformi a livello nazionale, perché se le regole sono fluide e lasciate all’arbitrio degli enti locali, non ci può essere programmazione.

Per chiedere che vengano riviste le norme, in modo che gli eventi possano essere redditizi (o per lo meno di andare in pari).

La petizione sulla piattaforma change.org lanciata dall’attore Alessandro Giova

#TeatroLuogoSicuro è appunto per portare l’attenzione sul fatto che i teatri, o cinema, o altri luoghi dove avvengono eventi sono in realtà luoghi sicuri; più sicuri che prendere una metropolitana o fare la spesa al supermercato.

Infatti come ben ricorda, non vi sono contatti con gli altri spettatori; la fruizione dello spettacolo avviene senza spostamento dal proprio posto; non si parla e non si toccano gli altri spettatori; di norma vi è un solo spettacolo al giorno e questo rende più facile le operazioni di sanificazione della sala tra un evento e l’altro.

Insomma tutti i lavoratori di questo settore sono in seria difficoltà e , a questo punto, sono anche fortemente irritati.

Si irritati, perché molto spesso viene detto, in alcuni casi a chiare lettere in molti altri in modo più sottinteso, che ci sono problemi più importanti, più impellenti da risolvere.

Questo lascia intendere che tutto quello che appartiene al mondo dell’arte, della creatività, è superfluo, secondario e anche un po’ frivolo.

Ci si dimentica che l’intero comparto cultura produce circa il 16% del PIL ed impiega oltre un milione di lavoratori.

Quindi non solo è un valore sociale, non solo ci si dovrebbe finalmente occupare e preoccupare della fruibilità della cultura per la popolazione, ma è anche un valore economico.

Vorrei terminare ricordando una frase di un uomo innamorato del bello e di tutto ciò che è cultura che ci ha lasciati proprio un mese fa:

“Gli italiani sanno di avere un grande patrimonio culturale, ma proprio per questo se ne fregano, credendo di avere la coscienza a posto e rinunciando a fare alcunché. Invece proprio la cultura è il momento più potente della nostra identità, se non vogliamo essere messi totalmente in disparte dal resto del mondo. Lo ripeto oggi in Italia, la cultura non può più essere un privilegio dei ricchi, ma una necessità complessiva di tutti. Ne va del nostro futuro.” (Philippe Daverio)

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