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Pietro Morello – Medico della felicità: Beethoven era felice?
Scuro Chiaro

Pietro Morello – Medico della felicità: Beethoven era felice?

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Apre la nuova rubrica di Minstrels “Pietro Morello – Medico della Felicità“!

Pietro Morello è un giovane pianista e musicista che lavora come volontario con i bambini in luoghi dove di musica ce n’è tanto bisogno.

È molto attivo sui social ed in particolare su Tik Tok dove conta più di 420 mila follower e sfiora gli 11 milioni di mi piace.

Parlerà qui di musica, opera lirica, musicoterapia, bambini e felicità!

Ecco il suo primo articolo!

BEETHOVEN ERA FELICE?

Beethoven, il grande genio.
Ci tengo a riflettere, prendendo lui come esempio, sul pensiero comune di associare il genio all’uomo felice.
Quindi la domanda è: Beethoven era felice?

Prendendo Beethoven come esempio ho fatto un azzardo sicuramente, visto che come è noto al mondo il grande compositore aveva diversi problemi di udito, e a causa di questi problemi ha più di una volta tentato il suicidio, come possiamo leggere da una lettera ritrovata alla sua morte da Shindler, suo grande.

Quindi, tornando alla domanda, l’uomo che fa da ponte tra classico e romantico in musica, era felice?
La risposta è Si.
Mi spiego, il fatto che Beethoven avesse momenti di grande fragilità dati dalla sua solitudine, risultato del suo pessimo carattere causato dalla sua inesorabile e sempre maggiore sordità (stiamo comunque parlando di un musicista, quindi la sordità è una disabilità molto importante), non sono sinonimo di infelicità.

ANZI, ci permettono di capire a fondo quanto forte era la felicità che la musica provocava in lui, talmente forte da vincere questi aspetti, talmente forte da permettergli di andare avanti nella via della composizione e di completare alcune tra le sue migliori sinfonie, come la nona, chiusa proprio negli ultimi anni di vita, in completo silenzio nelle sue orecchie.

Prendo in prestito un ragionamento del noto filosofo Mill:
Pensiamo quindi ai suoi problemi (tristezza) come il numero 80. E alla musica (felicità) come il numero 100.
100-80 fa 20, non è un numero alto, ma è pur sempre un numero positivo.
La realizzazione dell’uomo, e dunque la sua felicita, esiste nel momento in cui un’azione riesce a causare la massima felicità possibile in un’individuo e negli individui a lui estranei che fruiscono della sua azione.

Quanti di noi apprezzano Beethoven? Tanti.
Quanto amava lui la sua musica? In moto quasi eccessivo.

Eccoci quindi alla risposta, e alla considerazione finale: 
Nonostante problemi che sembrano invalicabili e insuperabili, basta credere in quello che si fa, per intraprendere il percorso della felicità.

Una volta compresa l’equazione “felicità altrui=felicità mia” ci tengo a riflettere su come e quanto vivere in un ambiente felice influenzi il nostro essere delle spugne di allegria.
Mi spiego:
Nel momento in cui ci si sveglia la mattina, con qualcuno che litiga in casa e il vicino che impreca perchè il tosaerba ha smesso di funzionare, la nostra giornata sarà inesorabilmente influenzata in negativo da questo primo shock subìto.
In caso contrario, svegliandosi in un ambiente che ci accoglie con allegria saremo sicuramente propositivi per qualsiasi giornata ci si prospetti.

Bene, ho utilizzato quest’esempio comune che riguarda tutti noi nella nostra quotidianità per spiegare ció che intendo dire alle persone da sempre, ovvero che se noi stessi ci impegnamo a far sí che ci ci sta intorno si senta in un ambiente sereno, sarà sereno egli stesso;
E secondo ció che abbiamo visto prima parlando di Beethoven, quindi che creare felicità negli altri è sinonimo di felicità propria, allora si entra in un meraviglioso loop che si autoalimenta.

Questa è anche la spiegazione involontaria del
Volontariato internazionale, che è indubbiamente un mezzo di altruismo con un fine di egoismo positivo:
Creo felicità perchè mi rende felice.

Ed ecco perché l’impegno volto alla propria felicità personale è anche un fatto di indubbio altruismo.

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