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Opera in Jeans: Madama Butterfly
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Opera in Jeans: Madama Butterfly

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Siete sicuri di conoscere la trama di Madama Butterfly?

INTRODUZIONE

E anche oggi pariamo di Opera, chiamando nuovamente in causa il buon Puccini, che a cavallo tra 800 e 900 è riuscito a mettere in scena opere la cui trama è rimasta attuale fino ai giorni nostri. 

Il motivo per cui scelgo ogni volta di parlare delle sue opere è proprio questo: far appassionare della meravigliosa e attualissima trama dell’opera, in un tempo decisamente inferiore alle 3 ore richieste per godersi i 3 atti in cui si divide questo capolavoro pucciniano.

Vorrò in questo articolo darvi anche modo di apprezzare alcune scelte artistiche e musicali di Puccini, che mi hanno fatto apprezzare l’opera ogni volta come se fosse la prima. 

Si spengano le luci, si apra il sipario, un bel respiro e iniziamo: 

PRIMO ATTO

Siamo all’inizio del XX secolo, a Nagasaki in Giappone, subito vengono a noi presentati i protagonisti: Pinkerton, tenente della marina degli Stati Uniti (potente tenore), si unisce in matrimonio a Cio-Cio-San, una geisha quindicenne (interpretata da un soprano che farà sognare nelle note finali); apro una parentesi sul nome della fanciulla, infatti “san” vuol dire ragazza, giovane, mentre “Cio” vuol dire farfalla… ecco spiegato il “madama Buttefly”. (nomi ovviamente scelti magistralmente, per indicare la leggerezza della vita e della gioventù)

Il matrimonio tra il Tenente e la giovane ragazza si svolge secondo il rito giapponese, il che è fondamentale, vedrete, per il resto della trama. 

Si nota, nel modo di agire di Pinkerton, che ogni sua azione è guidata e ispirata dalla voglia di avventura, di mettersi in gioco, dal senso di sfida e sopratutto da una schifosa vanità. A differenza della povera Cio Cio San che, veramente innamorata del tenente, si farà da tutti chiamare Madama Butterfly, in segno di amore. 

In tutto questo l’amore viene anche dimostrato dalla lite, ovviamente in stile Pucciniano tra lei e lo Zio Bonzo, che l’accusa di non rispettare le proprie origini. 

SECONDO ATTO – PARTE PRIMA

Appena il tempo di assimilare le nozze, che il nostro Tenente torna in patria con la mielosa promessa di farsi vivo alla sua neo sposa in primavera (in Giappone la primavera è un periodo magico, legato alla fioritura dei Ciliegi), e per quanto la fedele ancella Suzuki (mezzo soprano) sia incredula, Butterfly resta sognante in attesa del ritorno del suo uomo. 

Da adesso la trama fa uscire il vero spirito di Puccini, complicato e tragico. 

Infatti Pinkerton sposa Kate mentre si trova in America (per chi lo volesse attaccare… beh può farlo: vi ricordate del rito giapponese? Ottimo, permette allo sposo di sposare un’altra donna.). 

Lo stronzo americano chiede al console Sharpless di trovare una scusa con Cio Cio San (per rispetto nei suoi confronti preferisco chiamarla in Giapponese almeno in una frase) per giustificare la sua lunga assenza. 

Nonostante i numerosissimi tentativi di Goro di convincere Butterfly a trovare un altro sposo, la fanciulla continua imperterrita a credere nel valore dello sposo e alla sua fedeltà.

Per porre fine ai dubbi circa la fedeltà del marito, Butterfly mostra al Console il figlio nato dalla seppur breve relazione con Pinkerton.

Il figlio.

Di Pinkerton.

Si, fa rabbia anche a me. 

Dopo tre anni (tre anni, meglio sottolinearlo) Pinkerton fa ritorno a Nagasaki insieme a Kate. Butterfly, ancora inconsapevole che questa Kate esista, chiede a Suzuki di preparare la casa per accogliere nel migliore dei modi quello che crede essere ancora il suo sposo; gioiosa e in festa non vede l’ora di veder tornare il marito. 

Madama Butterfly
SECONDO ATTO – SECONDA PARTE

La povera Butterfly freme tutta la notte, tanto da non dormire cercando di sistemare ancora ogni dettaglio, compresa se stessa, in vista dell’arrivo dello sposo. 

Adesso cadiamo nella tragedia, attenzione:
Sharpless comunica a Pinkerton dell’esistenza del figlio, allora lo “stronzo americano” decide che per il bene del bambino (e chissenefrega della povera Cio Cio San), sia suo compito prenderlo, portarlo via e farlo accudire da Kate.

Anche il console Sharpless (appellabile anche lui come stronzo) spinge affinchè il bambino venga affidato a Pinkerton e alla sua nuova moglie.

A questo punto, solo a questo tragico punto, la povera Butterlfy apre gli occhi alla realtà e si rende conto che tutto l’amore che aveva visto era solo un’illusione, triste e severa. 

Si apre il più bel pezzo dell’intera opera, struggente, rassegnato e triste. Ascoltatelo

Butterfly, in ginocchio, consapevole di ciò che andrà a fare, abbraccia il figlio con il volto in lacrime, cantando con la ritmica scandita dall’orchestra, che non suona, si limita a battere il tempo, dicendo

“per te, pei tuoi puri occhi muor Butterfly, perché tu possa andar di là dal mare, senza che ti rimorda ai dì maturi il materno abbandono”.

Lo benda delicatamente seguendo una tradizione giapponese meravigliosamente lenta e dettagliata, e in un brano tetro e forte finisce la vita della fanciulla, che si pugnala al petto. 

Si conclude la scena con tre urla di Pinkerton, che scandisce per tre volte il nome americano di “butterfly”, ormai morta a terra. 

Si chiamava Cio Cio San, stronzo americano. 

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