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Emily in Paris: un’americana a Parigi!
Scuro Chiaro

Emily in Paris: un’americana a Parigi!

Emily In Paris su Netflix: una serie leggera ma a tratti piccante..

LA TRAMA

Emily Cooper è una giovane ragazza pronta a fare passi avanti nella carriera in quanto la capa dell’azienda di marketing dove lavora, dovrà trasferirsi per un anno a Parigi dove hanno acquisito un’azienda più piccola.

Gli imprevisti però sono dietro la porta: la capa rimane incinta, ed a trasferirsi sarà proprio Emily, piena di speranza e di buona volontà, coglie la palla al balzo e si trasferisce oltre oceano, a Parigi, senza nemmeno conoscere il francese.

Emily sa fare bene il suo lavoro, ed ha sempre ottime strategie di comunicazione, soprattutto quella sui social media, e cerca di mettere il proprio “punto di vista americano” al servizio dei colleghi francesi, che però non la vedono di buon occhio, da straniera e millennial qual è.

Così, tra una riunione e una trovata di marketing, un pan au chocolat, un promettente e affascinante chef che vive al piano di sotto, nuovi amici incontrati per caso al parco, triangoli, quadrangoli e pentagoni amorosi a lavoro, Emily inizia a costruirsi una vita in quel di Parigi.

Iniziano così una serie di avventure di “Emily in Paris”.

Emily in Paris
LA PROSPETTIVA SOCIAL

Questo è l’aspetto più originale e interessante di Emily in Paris: la riflessione tra le righe sul ruolo dei social media nel marketing e nella pubblicità e sulla reale influenza degli influencer. Il regista sceglie di farcelo vedere dalla parte di una di loro, scaltra, matura ed intelligente.

Il suo intento (per quello che traspare) sembrerebbe quello di smentire il punto di vista della capa Sylvie, estremamente tradizionalista, che la vede come un “ostacolo” perchè le cose fino al momento in cui è arrivata lei “si sono fatte sempre in quel modo”.

 Il cambiamento spaventa, sempre, soprattutto nella comunicazione, ma bisogna provare ad abbracciarlo, magari con due baci sulla guancia e a barccia aperte come fanno i francesi.

IL CONFRONTO ED I CLICHÈ

Il confronto fra generazioni e il ruolo di ognuna di esse nella società, viene affrontato sempre in salsa di commedia romantica e ammiccante al sesso, a volte un po’ volgare o sboccata, o eccessivamente drammatica.

La trama di “Emily in Paris” è piena di cliché, come il collega gay di Emily, la capa cattiva ma che in fondo ha un cuore, alcuni snodi narrativi come i fortuiti incontri della protagonista.. ma glieli si perdona per il suo essere brava nel proprio lavoro e per avere un cuore gentile, quasi fosse una moderna Cenerentola.

Emily in Paris
PARIGI DA CARTOLINA

La Parigi vista nel film, è la classica Parigi da cartolina, quella di Ratatouille: da ogni parte in cui ti giri, vedi la Tour Eiffel. I colori e la fotografia hanno una particolare attenzione a rendere il background un posto realmente romantico come tutti conoscono “la città dell’amore”.

LA MODA

Come scrive Vanity Fair : <<La moda, ovvio, gioca in “Emily in Paris” un ruolo centrale e, avvertiamo, provoca stordimento sartoriale. Orfane, ormai da tempo, di visioni di cabine armadi straripanti di abiti meravigliosi, Manolos e Baguette Fendi, e con in mezzo una pandemia che ci ha spinti a indossare più tute e pantofole in una sola stagione che nel resto della nostra vita.

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Poter ammirare Lily Collins aka Emily con outfit che fanno uscire l’Audrey Hepburn interiore che è in lei, ci riempie di eccitazione. Dai graziosi baschi ai blazer colorati, dalle stampe mix&match alle pochette gioiello, tutti gli ensemble sembrano arrivati direttamente dall’armadio di Carrie Bradshaw versione terzo millennio, of course. È il tocco Patricia Field, bellezza.>>

La quantità di abiti presente in “Emily in Paris” è davvero sorprendente: la graziosità degli abiti indossati da Emily rende la serie piena di colori.

Emily in Paris
UN PENSIERO

“Emily in Paris” non è il genere di serie tv che preferisco. Ha uno svolgimento abbastanza lento, non ci sono plot twist che ti facciano rimanere incollato allo schermo per vedere assolutamente la puntata successiva.

Trovo che non abbiano sfruttato correttamente la presenza di Kate Walsh (capa dell’azienda di Chicago) facendola apparire soltanto all’inizio, ed in una puntata durante una video chiamata con Emily.

Ho apprezzato il fatto che, avendo uno svolgimento lento, “Emily in Paris” sia composta da soli 10 episodi della durata massima di 30 minuti, il che rende tutto più leggero.

Voi l’avete già vista? Secondo me in due giorni si può fare…

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