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L’Opera Lirica
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L’Opera Lirica

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L’Opera Lirica: il fascino di questo mondo a molti sconosciuto

Signore e signori mettetevi comodi. Tra pochi minuti si aprirà il sipario. Ecco a voi l’Opera Lirica.
Nella maggior parte dei casi sentiamo risposte come: “Noooooo, ecco che inizia la noia!” oppure “Ma cantano già?”. Per chi non ne fosse a conoscenza l’Opera Lirica è TEATRO. E come tale è VITA. E vive nelle parole e nei brani cantati rigorosamente live. Tutto questo accompagnato dal direttore d’orchestra che guida i suoi innumerevoli musicisti, i direttori di palco che guidano i cambi scena, i costumisti, truccatori, sarte e chi più ne ha più ne metta.

“È uno spettacolo complesso e per questo spettacolare.
È uno spettacolo che piace sempre ai bambini e ai ragazzi
perché è semplicissimo da seguire e perché l’effetto
della messa in scena è sempre impressionante.”
(cit. Tutto quello che non avete mai saputo sull’Opera Lirica)

E pensare che noi italiani siamo i cultori dell’Opera Lirica con grandiose opere. Basta pensare che l’Austria detiene il record di performance con 146,6 performance per milione di persone. Al secondo posto troviamo l’Estonia e al terzo la Svizzera. Il paradosso sta nel fatto che tra i primi cinque compositori più eseguiti nel mondo tre siano italiani (Verdi, Puccini e Rossini) e che tra le prime dieci opere più rappresentate in assoluto ben sei siano italiane (tra queste Traviata, Bohéme, Barbiere di Siviglia e Rigoletto). Non solo: 8 di queste 10 sono scritte in italiano (contando dunque il Don Giovanni e Le Nozze di Figaro mozartiani). Una disfatta clamorosa. Ma non basta: nessuna città italiana si classifica tra le prime venti al mondo per numero di performance, infatti al primo posto troviamo Mosca subito seguita da Vienna, Berlino, San Pietroburgo e Londra. Le ragioni di questa situazione? Sempre gli stessi: finanziamenti esigui e carente cultura e insegnamento musicale.

“Un mondo fatto d’incanto, di voci, costumi, trucchi, luci, suoni, applausi, entusiasmi a scena aperta, a volte anche fischi, fiaschi, trionfi, umiliazioni. E tutto questo può toccare le corde più profonde. Accade quando la musica d’arte incontra la poesia, e il canto si fonde con il racconto in versi e diventa teatro, dunque passione, dramma, tragedia, portando sul palcoscenico la vita, la morte, l’amore, i tradimenti, la gelosia, l’abbandono, l’invidia, la sconfitta, la miseria, il dolore. Persino il sangue, come nella celebre scena “della pazzia”
nella Lucia di Lammermoor, capolavoro di Gaetano Donizetti. “
(cit. Opera lirica: la gioia e la fatica di vivere in un mondo d’incanto)

Dunque, quando la musica incontra la poesia o la letteratura, nasce una forma artistica nuova: l’Opera Lirica. Un mondo di musica e vita che nasconde tesori senza tempo. Che difficilmente viene spazzato via dalla frenesia e dalla velocità dei giorni nostri. La vera forza dell’Opera Lirica deriva dalla perfetta combinazione tra note e teatro, tra storie e melodie. Tutto questo rende accessibile ed intrigante l’Opera anche ad un pubblico di ragazzi e bambini che guardano con gli occhi dei sogni. Non solo. Non esiste pubblico che non possa essere conquistato dal melodramma, e non c’è registro emotivo dimenticato nella storia di questo genere. Come non dimenticare i cantanti, veri protagonisti dell’Opera, che con la loro voce diventano loro stessi musica. Il tutto rompendo gli schemi classici delle regie (chiamate anche allestimenti): può capitare di vedere nei quattro maggiori teatri lirici del mondo (che sono La Scala di Milano, il Metropolitan di New York, il Covent Garden di Londra e l’Opéra di Parigi) un Don Giovanni di Mozart allestito con giacca e cravatta in un edificio dove c’è anche l’ascensore, oppure una Traviata di Verdi dove la protagonista principale, Violetta, anziché in abiti ottocenteschi veste un tubino rosso attillato sopra il ginocchio, ha le scarpe coi tacchi e canta su un divano di ultima generazione. Scelte di regia non sempre felici, non sempre apprezzate, a volte anche apertamente contestate, come nel caso della recentissima “prima” al Teatro alla Scala con il Fidelio, dove la regista inglese Deborah Warner, nonostante l’azione scenica prevista dai librettisti di Beethoven si svolga in una prigione a qualche miglio fuori da Siviglia, nel XVII secolo, ha messo in scena un asse da stiro e un coro degli Oppressi (musicalmente magnifico, d’altronde è quello della Scala) con jeans, giacconi da elettricista, K-way, e berretti tipo baseball.
Ci sono vari livelli e varie modalità di ascolto dell’opera lirica: il disco in vinile, i Cd, i file digitali scaricabili da Internet (dove sono abbondanti le incisioni del passato, dalla Callas a Pavarotti), la televisione, la radio, il cinema. Ma se è vero che una sinfonia o un concerto o un quartetto è consigliabile ascoltarli in auditorium o in conservatorio, questo è a maggior ragione evidente per il melodramma, il cui luogo eletto di fruizione è il teatro lirico. Un’opera bisognerebbe ascoltarla a teatro, perché solo là (e neppure un Dvd può surrogare l’esperienza d’essere davanti al palcoscenico) è possibile apprezzare se la rappresentazione è in linea con le indicazioni del libretto e con l’impostazione drammaturgico-musicale del compositore, con i suoi stacchi di tempo nei punti cruciali della storia, con le sue scelte dinamiche e timbriche, rispetto all’azione, affidate all’orchestra. E solo in teatro si può valutare se creatività e talento dei protagonisti (cantanti, direttore, regista, costumista) producono risultati credibili ed emozionanti.

“Nell’Opera lirica io ritrovo la gioia e la fatica di vivere, sentimenti uguali in tutte le epoche.” (cit. Opera lirica: la gioia e la fatica di vivere in un mondo d’incanto)

Emozioni che fanno innamorare ancora oggi grandi e piccini. E allora… al grido del direttore di palco con il famoso: “Chi è di scena”… Che inizi lo spettacolo.
Buona visione a tutti.

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