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I me ciamava per nome: 44.787 – La nostra recensione!
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I me ciamava per nome: 44.787 – La nostra recensione!

i me ciamava per nome
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Foto di Wanda Perrone Capano

I me ciamava per nome: 44.787 – quando non serve altro che i fatti

  • PRESENTAZIONE
  • LO SPETTACOLO
  • CAST E REGIA
  • CONCLUSIONI
PRESENTAZIONE

I me ciamava per nome: 44.787 è un testo teatrale di Renato Sarti (anche regista dello spettacolo) del 1995 proposto per il Cinquantenario della Liberazione. Lo spettacolo è andato in scena nel Giorno della Memoria al Piccolo Teatro Grassi di Milano (zona Cordusio) e successivamente sarà in scena fino a domenica 2 febbraio al Teatro Della Cooperativa.

Il testo raccoglie dati, cifre e testimonianze di cosa è stata la guerra per la zona triestina, nella quale si trova la Risiera di San Sabba: centro nazista di deportazione e di uccisione di coloro i quali non erano ritenuti degni di vivere.

Le testimonianze sono state raccolte da Marco Coslovich e Silvia Bon per l’IRSREC FVG; i brani musicali sono di Alfredo Lacosegliaz e Moni Ovadia e le foto e i video di Miran Hrovatin, Alessio Zerial, Videoest, IRSREC FVG e la produzione è Teatro della Cooperativa.

LO SPETTACOLO

La dura verità dei fatti raccontati basta da sé a riempire la sala del Piccolo Teatro Grassi e del Teatro Della Cooperativa, non serve romanzare nulla né indorare la pillola: la cruda realtà è più che sufficiente.

Ed infatti lo spettacolo si svolge quasi come una conferenza, una conversazione in cui proprio Renato Sarti si rivolge al pubblico per porre davanti agli occhi attenti del pubblico dati oggettivi ed incontestabili. Aiutato da immagini, fotografie dei generali nazisti, rari video di SS “in pensione” e frasi proiettate sul fondale nero, l’attore/regista conduce la narrazione documenti alla mano.

Pochi sanno cosa sia stata, in tutto il suo orrore, la Risiera di San Sabba a Trieste, unico lager nazista in Italia munito di forno crematorio (da tremila a cinquemila le vittime). Un colpevole oblio ha soffocato fin dall’immediato dopoguerra le voci, a volte ha inquinato le prove, di quanto accadde poco più di settant’anni fa. Quando gli storici triestini Marco Coslovich e Silva Bon dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia mi hanno messo a disposizione le testimonianze dei sopravvissuti e le deposizioni dei carnefici (criminali nazisti responsabili fra l’altro dell’Aktion Reinhard, l’eliminazione di circa due milioni di ebrei in Polonia), mi sono immediatamente reso conto di avere fra le mani un patrimonio storico, sociale, politico e umano straordinario. Un patrimonio che, a differenza di quanto successo in precedenza, non andava dilapidato bensì valorizzato. Una visione “dal basso” e “dal di dentro” di quei terribili avvenimenti, espressa con un linguaggio del tutto particolare. «Credo che ogni persona dovrebbe sapere e non dimenticare» afferma uno dei sopravvissuti. Questa frase l’abbiamo fatta nostra nella speranza che, in nome dei valori che ispirarono la Resistenza e la lotta di Liberazione, la memoria storica di quel passato possa fare da argine, oggi, contro nuovi e pericolosissimi fenomeni nazionalistici, razzisti, fascisti e xenofobi.

Renato Sarti

La durata dello spettacolo è di 75 minuti.

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IL CAST
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Foto di Wanda Perone Capano

Il cast si compone di, appunto, Renato Sarti che, a volte in disparte e a volte insieme agli altri attori, guida lo spettatore nel viaggio alla scoperta della triste realtà della Risiera di San Sabba; Irene Serini, Nicoletta Ramorino ed Ernesto Rossi che interpretano le testimonianze sia di parte nazista che partigiana, ebrea o triestina con grandissima intensità.

Gli attori si passano la parola in un disegno che suggestiona lo spettatore ancora prima dell’inizio dello spettacolo.

CONCLUSIONI

Difficile non rimanere impressionati davanti alla quantità di orrori raccontati in I me ciamava per nome: 44.787. Orrori che è giusto e doveroso conoscere perché facciano parte del nostro passato e mai più del nostro futuro. La dura verità, senza ulteriori artifici, basta a farceli arrivare dritti allo stomaco.

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